La storia del luogo è però assai più antica: si può risalire all’epoca romana e continuare nei secoli successivi.
Il grande storico Davidsohn, nella sua “Storia di Firenze” afferma che nel 780, lo stesso Carlo Magno di ritorno da Roma dove aveva fatto battezzare il figlio dal Papa, potrebbe esservi passato:”
Il grande storico Davidsohn, nella sua “Storia di Firenze” afferma che nel 780, lo stesso Carlo Magno di ritorno da Roma dove aveva fatto battezzare il figlio dal Papa, potrebbe esservi passato:”
La tenuta di cui fa parte Sammezzano
appartenne poi a famiglie molto importanti: in particolare gli Altoviti,
poi, per volere del Duca Cosimo, a Giovanni Jacopo de’ Medici che a sua
volta la vendette a Sebastiano Ximenes.
Tali beni restarono alla famiglia Ximenes d’Aragona fino all’ ultimo erede, Ferdinando, che morì nel 1816.
In un cabreo del 1818 (quindi prima delle
modifiche apportate da Ferdinando Panciatichi Ximenes d’ Aragona)
redatto dall’ Ingegnere Giuseppe Faldi il castello appare come una
struttura di consistente volumetria, con bastione e scalinata d’entrata,
nella parte opposta a quella delle attuali scale di accesso e di cui
oggi non c’è più traccia.
Poi in seguito ad un lungo processo
relativo al testamento di Ferdinando Ximenes, i beni, il nome, lo stemma
ed i titoli della famiglia Ximenes d’ Aragona, passarono al primogenito
di sua sorella Vittoria, moglie di Niccolò Panciatichi: il “nostro”
Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, appunto, che diventò unico
erede dei Panciatichi e degli Ximenes, compresa la vasta tenuta di
Sammezzano.
Sull’onda della corrente culturale
definita “Orientalismo” che si diffuse in tutta Europa dall’ inizio
dell’ Ottocento e che vide in Firenze uno dei principali centri,
Ferdinando iniziò a modificare la struttura esistente e realizzare nuove
sale: la Sala d’Ingresso nel 1853, nel 1862 il Corridoio delle
Stalattiti, la Sala da Ballo nel 1867 fino alla Torre centrale che
riporta scolpita la data del 1889.
Ferdinando fu uomo attivissimo, esperto
di scienze, filantropo, mecenate, collezionista, amante di Verdi. Fece
parte di innumerevoli enti: fra queste fu socio dell’ Accademia dei
Georgofili (1855), vice presidente della Società di Orticultura,
Accademico onorario dell’Accademia di Belle arti e promotore per il
monumento a Dante Alighieri in piazza S.Croce in occasione del sesto
centenario dalla nascita.
Allo stesso tempo fu uomo politico molto
impegnato: di idee liberali e fiero anticlericale, fu consigliere nel
Municipio di Reggello e di Firenze tra il 1859 e 1865 e consigliere del
Consiglio Compartimentale (poi Consiglio Provinciale) tra il 1860 e
1864. Fu eletto per due volte deputato del Regno tra il 1865 e il 1867.
Nello stesso anno, pochi mesi dopo l’elezione, si dimise per protesta
contro la legge sull’ asse ecclesiastico che non rispettava quanto aveva
promesso ai suoi elettori.
Ben presto mostrò la sua delusione per
come era nata l’Italia: tale sentimento è espresso in una frase in
latino del 1870 riportata nella nicchia del Corridoio delle Stalattiti,
che tradotta, dice: ”Mi vergogno a dirlo, ma è vero: l’Italia è in mano a
ladri, esattori, meretrici e sensali che la controllano e la divorano.
Ma non di questo mi dolgo, ma del fatto che ce lo siamo meritato”.
Riguardo al castello fu allo stesso tempo
proprietario e committente; pur senza laurea, fu ingegnere, architetto,
geologo. Ciò gli permise di pensare, progettare, finanziare il castello
realizzando in loco e con manodopera locale gran parte dei materiali di
cui lo stesso è fatto.
Allo stesso tempo, come esperto ed
appassionato di botanica, Ferdinando riorganizzò un'ampia area
circondante il Castello, estesa circa 65 ettari, il cosiddetto Parco
Storico. Intorno all'antica “ragnaia” formata da una fustaia di lecci,
collocò oltre 130 piante rare ed esotiche che dovevano introdurre
progressivamente il visitatore o l'ospite alle meraviglie dello stile
“moresco” della Villa-Castello.
Il Castello ed il suo Parco Storico
costituiscono davvero un “unicum” di notevolissimo valore
storico-architettonico ed ambientale. Il Parco vi contribuisce
considerevolmente con un patrimonio botanico inestimabile formato non
solo dalle specie arboree introdotte ma anche da quelle indigene. Tra le
prime le piu conosciute sono senza dubbio le sequoie della California
che hanno trovato a Sammezzano condizioni ideali, come dimostrano le
notevoli dimensioni raggiunte da questi alberi in soli 150 anni. Fra
queste la cosiddetta “sequoia gemella” alta più di 50 metri e con uno
circonferenza di 8,4 metri, che fa parte, tra gli alberi monumentali
d’Italia, della ristretta cerchia dei “150 alberi di eccezionale valore
ambientale o monumentale”.Tra le specie indigene meritano di essere
citate numerose specie di querce: il leccio, la farnia, il cerro, la
roverella e, altra rarità, la sughera.
Negli anni ’70 la villa castello di
Sammezzano fu trasformata in albergo ristorante. Tale attività continuò
fino alla fine degli anni ’80. Dopo alterne vicende, alla fine degli
anni ’90 la proprietà è passata ad una società italo-inglese con
l’intenzione di realizzare un ambizioso e complesso piano di intervento
per farne una struttura turistico ricettiva, secondo quanto previsto dal
piano regolatore del Comune di Reggello.
In occasione del bicentenario dalla
nascita del Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona
(1813-2013) è stato costituito il “Comitato FPXA” che , cerca di
promuovere lo studio e la conoscenza del castello e del parco di
Sammezzano anche attraverso la storia complessa del suo “creatore”.